venerdì 3 febbraio 2017

La mia esperienza con l'allattamento - 2° Parte

Dopo qualche settimana di questo andazzo (poppata + preparazione random di biberon, quasi sempre non bevuto dal bimbo), una mia amica mi ha consigliato un consultorio sull'allattamento.
Altra brutta esperienza: la ostetriche del consultorio mi hanno trattato come se fossi una demente, e come se volessi affamare mio figlio:
"Signora, ma ogni quanto lo attacca?"
"Ogni volta che si sveglia e ha fame, ogni 2 ore circa"
"Ma nooo signora!!Lo deve allattare più spesso, ogni ora anche! Se non si sveglia, lo svegli! Il bambino deve stare costantemente attaccato al seno della mamma!"
"Anche di notte??"
"Soprattutto di notte! Dovrebbe dormire con il bambino in braccio, in modo da tenerlo sempre attaccato!"
Quando ho detto che Alessandro non voleva dormire in braccio, che da quando era nato (e tutt'ora) quando ha sonno si accoccola in braccio, ma quando è pronto a dormire si divincola per essere messo giù mi hanno dato della pazza: le parole esatte sono state "Signora, lei vede solo quello che vuole vedere".
Per non parlare di quando ho provato a svegliarlo mentre dormiva per provare a dargli da mangiare...è venuta giù la casa!
Sono uscita dal consultorio sentendomi più sola e confusa di prima.
Nel frattempo a casa ero circondata da gente prodiga di consigli (non richiesti!):
"Attaccalo a tutti e due i seni ad ogni poppata"
"Attaccalo solo ad un seno"
"Non attaccarlo di notte, deve imparare a saltare il pasto notturno!" ecc.ecc
Se ci ripenso mi vedo avvolta in una nuvola nera di confusione e incertezza.
Sono stati giorni duri..non sapevo cosa fare, il seno mi faceva male per le ragadi causate dai paracapezzoli, ma se li toglievo Ale non si attaccava. Volevo a tutti i costi allattarlo, ma avevo davvero paura che il mio latte non bastasse.
Ma ho trovato la forza di ascoltare me stessa e il mio bambino. E siamo andati avanti con l'allattamento, senza aggiunta, fino ai 3 mesi.
Una sera, d'improvviso, Ale ha iniziato ad urlare fortissimo appena lo avvicinavo al seno: aveva fame, ma sembrava non volersi attaccare. E non voleva nemmeno il latte in polvere.
Ne ho parlato con la pediatra: sentivo che qualcosa non andava, ma lei non mi ha creduto.
Sosteneva che se il bimbo non si attaccava non aveva fame.
Avendo altri casi di reflusso gastroesofageo in famiglia, le ho detto che secondo me era quello. "Assolutamente no, è lei che deve darsi una calmata".
Dopo qualche giorno sono tornata da lei con un video che mostrava Alessandro che urlava come un matto ogni volta che lo attaccavo, si divicolava, si inarcava all'indietro, mi graffiava tutto il seno.
Allora, e solo allora, mi ha dato ragione. A qual punto però era troppo tardi. Il bimbo, oltre al reflusso, aveva sviluppato l'esofagite, per cui ogni volta che lo attaccavo gridava dal bruciore.
Ed era calato di peso.
Per farlo aumentare velocemente, e farlo mangiare in una posizione che lo tenesse dritto,in modo da non far risalire l'acido, siamo tornati al biberon. Prima con il mio latte, tirato per ore con il tiralatte, poi, man mano che il mio latte si esauriva, siamo passati definitivamente alla formula.
Questo con mia grandissima sofferenza e rabbia.
Sono certa che se non avessi ascoltato NESSUNA delle persone alle quali mi sono rivolta ma solo me stessa, o se almeno loro avessero provato ad ascoltare me e il mio bambino, le cose sarebbero andate diversamente.
Ho pianto tanto per il fatto di non attaccare più Ale: nonostante le difficoltà e il dolore, era un momento intimo e meraviglioso, solo nostro. L'unico momento che, in quei primi giorni, mi faceva sentire davvero mamma.
Sapete quante delle ragazze che erano al corso pre parto con me allattavano ancora alla fine del primo mese? Due su dieci. Tutte le altre, come me, erano andate incontro a problemi vari che non erano riuscite a risolvere.
E sono sicura che con un po'di sostegno e competenza in più molte di loro, di noi, avrebbero potuto continuare.
Guardo con invidia chi allatta con gioia, e sostengo chi promuove l'allattamento.
Ma quello che le mamme non dicono è che è per molte un percorso duro, in salita, e se non c'è nessuno che ti mostra la via è facile perdersi.



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